30 Set La Diocesi in festa per il vescovo Adriano, nuovo pastore di Piacenza-Bobbio
Una celebrazione semplice, sobria pur nella solennità del rito di ordinazione di un nuovo vescovo, mons. Adriano Cevolotto, avvenuta sabato 26 settembre. Circa 900 persone hanno potuto assistere nel Tempio di San Nicolo, in sala Longhin e nella chiesa Immacolata del Seminario –collegate in diretta per l’occasione -, alla cerimonia ricca di segni, di parole e di gesti. E molti altri, sicuramente più numerosi, l’hanno seguita da casa, in televisione o in streaming. Una celebrazione che ha coinvolto tutta la diocesi di Treviso a distanza di solo un anno da quella di mons. Michele Tomasi e che questa volta è stata condivisa con la diocesi di Piacenza-Bobbio che mons. Cevolotto raggiungerà fra qualche settimana.
Una quindicina i vescovi presenti tra cui il card. Matteo Zuppi, vescovo di Bologna, i vescovi emeriti di Treviso Gianfranco Agostino Gardin e Paolo Magnani, i vescovi originari di Treviso Andrea Bruno Mazzocato, Corrado Pizziolo, Alberto Bottari De Castello. A presiedere il vescovo di Treviso mons. Michele Tomasi, consacrante, con i co-consacranti Erio Castellucci, arcivescovo metropolita di Modena-Nonantola, e mons. Gianni Ambrosio, amministratore apostolico di Piacenza-Bobbio. Tra le tante autorità civili e militari, il vicario del prefetto Laganà, Antonello Roccoberton, il presidente della Provincia di Treviso Stefano Marcon, il sindaco di Treviso Mario Conte e la vicesindaca di Piacenza Elena Baio.
E’ toccato al vescovo emerito mons. Gardin introdurre alla celebrazione con il rito di ordinazione, che non è – ha sottolineato – “una ‘glorificazione’ o esaltazione della persona dell’ordinato. L’unico ad essere glorificato, come sentiremo nella preghiera di ordinazione, è solo «Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo», che viene «glorificato – così verrà detto – anche in coloro che ha scelto». Glorificato Lui, non loro. Capiremo infatti che l’effetto dell’ordinazione è quello di abilitare ad un ministero, cioè ad un servizio; al farsi servo di una chiesa e dei fratelli e sorelle che la compongono. Un ministero da compiere sempre sotto la guida, il giudizio, la verifica del Vangelo, che verrà significativamente aperto sopra il capo del consacrando”.
La liturgia dell’ordinazione è iniziata con la presentazione dell’eletto – a cura di mons. Luigi Chiesa, vicario generale della diocesi di Piacenza Bobbio e don Mario Poggi, cancelliere vescovile e parroco di Bobbio -, e la lettura del mandato di papa Francesco che “offre un pastore sollecito del progresso spirituale” della comunità di Piacenza-Bobbio. “Abbiamo pensato a te, diletto figlio, di cui stimiamo le doti umane e sacerdotali e la tua provata esperienza nell’agire, qualità che riteniamo necessarie per l’ufficio pastorale e per assumere questo incarico, di successore di mons. Gianni Ambrosio a vescovo di Piacenza-Bobbio”.
Prima degli impegni dell’eletto davanti al vescovo ordinante, mons. Michele Tomasi ha sottolineato nell’omelia il motto episcopale scelto da mons. Cevolotto: “Hai scelto l’invito di Gesù ‘prendi il largo’ come tuo motto episcopale. La tua storia con Gesù non inizia certo ora. Prende le mosse in famiglia, poi in parrocchia, in seminario e nei vari incarichi in diocesi, numerosi, sempre impegnativi e di responsabilità. Alle volte forse è stato anche per te un po’ come allontanarsi appena da riva – come abbiamo sentito nel Vangelo -, nell’incontro con Lui e con i fratelli nella quotidianità della vita, nelle fatiche delle scelte, chiamato spesso a ricominciare da capo, a rimettere in acqua la barca, talvolta invece di godere di un meritato riposo. Hai imparato a riconoscere il Signore come Maestro in questa chiesa di Treviso, qui hai incontrato tante persone – molte di queste sono presenti qui oggi, altre ti accompagnano nella preghiera, altre ci hanno preceduto nella casa del Padre – che ti hanno aiutato a scoprire il suono della Parola del Signore che ti viene rivolta. Molte volte lo hai sentito chiederti di percorrere un tratto di strada insieme, e di svolgere un servizio alla Chiesa e alle persone in questo nostro tempo. Ora il Signore ti ha chiesto un passo ulteriore, ti chiama a un nuovo cambio di rotta e di passo, ad allontanarti ancora di più dalla riva: ‘prendi il largo e getta le reti’. Ora devi fidarti ancora di più del Signore, ora devi gettare con convinzione più tenace le tue paure e i tuoi limiti, le tue capacità e i tuoi talenti là sulla barca, accanto al Signore. Sempre con Lui e prima di tutto con Lui. Chiamato a essere guida di un popolo, di una Chiesa, potrai esserlo solamente lasciandoti alle spalle ogni anche ragionevole obiezione, ogni sia pur giustificato calcolo umano, ogni diaframma che si frapponga tra te e il Signore Gesù Cristo”. E ha concluso con un augurio: “Il Vangelo aperto sul tuo capo sarà gesto eloquente: se permetterai alla Parola ascoltata nella Chiesa di essere l’orizzonte della tua esistenza, il ritmo del tuo pensiero, il respiro del tuo animo, allora sarai sempre protetto e custodito e troverai dimora nella Buona novella di Cristo. Le tue parole saranno guida per la tua Chiesa, verso l’unico Maestro. E con Lui, sarai anche tu “pescatore di uomini”.
Quindi mons. Cevolotto, in piedi, di fronte al vescovo ordinante mons. Tomasi, ha rinnovato gli impegni che assume quale nuovo vescovo a cui ha fatto seguito l’imposizione delle mani sul suo capo da parte dei tre vescovi, consacrante e co-consacranti, e di tutti i vescovi concelebranti. Il libro del Vangelo sul capo dell’eletto, l’unzione con il sacro crisma, la consegna del libro dei Vangeli, dell’anello, della mitra e del pastorale hanno concluso il rito dell’ordinazione, con l’applauso che ha accompagnato mons. Cevolotto nel prendere posto sull’altare tra tutti i concelebranti, non prima di aver ricevuto l’abbraccio dei confratelli vescovi.
Emozionato, e non potrebbe essere diversamente, mons. Adriano Cevolotto, dopo aver percorso la navata della chiesa impartendo la benedizione ai presenti, ha rivolto loro un saluto: “Mi è stato affidato un dono prezioso, che fa tremare i polsi, che fa incrinare la voce nel rispondere, alle domande del Vescovo circa gli impegni da prendere con quella serie di ‘Lo voglio’. Ma ripeto con l’Apostolo: ‘So in chi ho posto la mia fede…’. Egli – proprio Lui – ‘è capace di custodire ciò che mi è affidato’. Non è uno scaricare la responsabilità. È essere consapevole che il ministero del Vescovo vive di questa Presenza fedele. In forza dello Spirito Santo ‘che abita in noi’. Nei giorni di ritiro trascorsi presso la Piccola Famiglia dell’Annunziata, che mi ha custodito con la preghiera e l’accoglienza calorosa, è emerso il grande debito che ho accumulato nella mia vita. Debito di amore e di fede. Due parole che raccolgono una molteplicità e particolarità di volti, di relazioni, di esperienze condivise, di gioie e di sofferenze. In questo momento sono tentato di ricordarle. Ma vi assicuro che sarebbe impossibile. Allora, a mo’ di indice, desidero ricordare i luoghi abitati in questo lungo percorso, dove la Grazia del Signore si è sbizzarrita per plasmarmi. Si tratta di un ricordo grato. – la mia famiglia, mamma Carla e papà Gino, con i fratelli, Paolo e Francesca, il cognato e la cognata e i nipoti. Ma lasciate che con loro unisca la mia comunità di Roncade, il Seminario, le parrocchie, in particolare la comunità Castelfranco Veneto. Mi è stata data la grazia di conoscere il presbiterio, con realismo, e perciò a contatto con le povertà (che per lo più balzano agli occhi immediatamente) ma anche con la tanta dedizione e passione presente e di cui mi sento riconoscente. Sono felice di far parte di questo nostro presbiterio. Ho avuto modo di intessere relazioni con le forze vive della nostra chiesa: laiche e laici, conosciuti in diverse occasioni e con i quali abbiamo collaborato proficuamente. Penso alle realtà della vita consacrata (particolarmente femminile) con le quali abbiamo condiviso tanto in questi anni (le Discepole del Vangelo e le Cooperatrici pastorali). Ho avuto modo di dirlo: con ruoli diversi sono stato a contatto con i Vescovi. Nutro una sincera stima e gratitudine per tutti loro. Il legame sacramentale si è arricchito di conoscenza, di condivisione, di fiducia. Allora, quasi a raccogliere ogni mio grazie nei loro confronti, desidero esprimere un grazie al vescovo Michele che ha presieduto questa celebrazione di ordinazione e per le mani del quale sono stato consacrato Vescovo. Un grazie a tutte le persone che hanno lavorato perché potessimo vivere questa bella celebrazione, in sicurezza. Lasciate che il ringraziamento vada a mons. Gianni Ambrosio, mio predecessore, e a mons. Erio Castellucci, Vescovo Metropolita che ho voluto come vescovi Co-consacranti”.
Tra i vescovi che mons. Cevolotto ha ringraziato con particolare affetto mons. Paolo Magnani, di cui è stato segretario, che così lo ha ricordato in un messaggio che ha consegnato al neovescovo, rinunciando a pronunciarlo per non allungare la celebrazione: “Con questa consacrazione la diocesi di Treviso si è arricchita di doni e di carismi e la diocesi di Piacenza-Bobbio dell’acquisizione di un nuovo vescovo. E quanto alla ricchezza degli affetti presenti in questa liturgia, guardo e vedo il popolo di assiepati in questa chiesa e oltre questa chiesa. Da dove viene e chi è questo nuovo vescovo? A questa domanda risponde la sua famiglia e Roncade, il suo seminario, l’intera diocesi di Treviso, i presbiteri che conoscevano l’eco di tanti incontri personali, l’Istituto religioso delle Discepole del Vangelo accompagnate da più di vent’anni nel loro cammino formativo dal nuovo vescovo, la comunità sacerdotale della Casa del Clero, i molti Consigli Pastorali Parrocchiali. Ma soprattutto le due parrocchie di Castelfranco Veneto che l’hanno conosciuto come pastore e padre. Non voglio dimenticare la funzione del vescovo come moderatore della Curia diocesana. Così io interpreto una presenza tanto numerosa”. E nel rivolgersi al nuovo vescovo di Piacenza-Bobbio, ha sottolineato: “Non è tempo di panegirici, ma neppure è tempo di commiati: è tempo di condivisione del cuore, di speranza e di novità pastorale. E per lui è giunto il momento di un distacco evangelico, un perdersi per guadagnare in relazioni, in carismi, di un andare dove non pensava di andare. È il tempo per lui di speranza e di futuro pastorale, in modo nuovo e profondo, come rappresentante di Cristo Buon Pastore. La sua partenza è un atto di fede”.