01 Dic “Saldi nella speranza”: presentata in cattedrale la lettera pastorale del Vescovo
“La lettera che oggi vi consegnerò – e attraverso voi a tutta la Diocesi – nella sua povertà è un invito a vivere intensamente e senza risparmio di sé questo nostro tempo”: con queste parole, venerdì 27 novembre, nella chiesa cattedrale di Treviso, il vescovo Michele ha affidato a tutta la diocesi la sua prima lettera pastorale. “Non sarà tanto importante cosa faremo, ma come riusciranno le nostre comunità e come riuscirà ciascuno di noi a essere testimoni di speranza a servizio della vita” ha sottolineato mons. Tomasi.
“Ogni nostra attività può essere occasione di incontro con Cristo e servizio all’uomo, come ciascuna corre però anche il rischio di essere occasione di egoismo, personale o di gruppo, se non sappiamo cogliere l’appello di conversione che in essa risuona”. Per riuscire a essere fedeli e creativi, da discepoli di Cristo, il Vescovo ha suggerito alcuni criteri di ascolto, in base ai quali verificare le azioni e i percorsi: l’ascolto della Parola di Dio e la sua «incarnazione» negli stili di vita; l’ascolto della Chiesa; l’ascolto dei poveri; l’ascolto reciproco; l’ascolto della storia.
“Ascolto, dialogo, sinodalità. Sono le parole che consegno a me e a voi-ha detto il Vescovo -, per un cammino comune della nostra Chiesa, assieme agli uomini e alle donne di questo nostro tempo, senza barriere, senza distinzioni, senza preclusioni: davvero “Fratelli tutti” perché Figli dello stesso Padre.
Una celebrazione all’inizio del periodo di Avvento e del nuovo anno liturgico, quella vissuta in cattedrale da una rappresentanza di fedeli laici, sacerdoti, religiosi e religiose della città, e trasmessa in diretta streaming. “Ricominciamo, come ogni anno. Quest’anno sentiamo in modo particolare che si tratta davvero di un inizio, dell’opportunità che ci viene donata di ascoltare una Parola viva che ci viene detta, di un appello a scoprire e rinnovare ragioni di speranza – ha ricordato il Vescovo -. Il semplice fatto di sostare all’inizio dell’anno liturgico ci annuncia con chiarezza che il nostro tempo non è un contenitore anonimo di istanti slegati tra loro e senza senso, ma è invece il dipanarsi di occasioni di incontro con il Signore della vita, Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto, presente fra noi, Signore del tempo e della storia. Nella precarietà della nostra esistenza terrena fa continuamente irruzione l’eterno, di fronte a prove che si ripresentano, ci sfidano e ci sfibrano, abbiamo l’appiglio di un tempo che ha già visto la visita del Dio della vita, lo ha visto prendere dimora fra noi, e accettare su di sé con forza e coraggio il male del mondo per sconfiggerlo, sul legno della croce. La vulnerabilità e la fragilità della vita incontra la vicenda di Cristo, che ne sancisce il valore e la dignità inviolabile ed eterna – ha ricordato mons. Tomasi -. Viviamo un tempo di tribolazione e la Parola ci invita, stando in essa, a perseverare. Non possiamo scappare, a pena di perdere, nel tentativo di fuga, la stessa vita, che non ci vedrebbe mai presenti, protagonisti, autenticamente vivi. A forza di perseveranza, invece, si acquista esperienza, quella virtù provata che mostra che in ogni tribolazione c’è spazio per solidarietà, relazioni, amore vero. Stando nella situazione scopriamo che la nostra umanità ha forze e risorse di bene che si liberano nell’accoglienza reciproca e nella condivisone di quanto siamo e di quanto abbiamo, contro ogni egoismo e ogni piccolo o grande sotterfugio al ribasso”
“In questo cammino non siamo da soli, e non siamo nemmeno chiamati a prendere noi l’iniziativa – ha sottolineato il Vescovo -. Chi agisce in noi, accanto a noi e a fondamento del nostro sforzo di perseveranza nella tribolazione, “è l’amore di Dio, riversato nei nostri cuori dallo Spirito santo fin da quando siamo divenuti credenti. E quindi ciò che sembra fatica ed ascesi è in realtà il cammino che lo Spirito compie in noi in risposta all’amore con cui Dio ci ha amati” (Daniel Attinger, Lettera ai Romani, Qiqaion, Magnano, 2013, 95). All’inizio di questa veglia siamo rimasti tutti insieme rivolti all’altare, e abbiamo espresso così la disponibilità a lasciar spazio al Signore che viene e ad accoglierlo nella nostra vita con tutta la sua novità. La luce di una sola sua Parola può illuminare la notte della prova”.
“Stare e rimanere nelle situazioni con questo Spirito è grazia di Dio – pura gratuità – ci permette di perseverare nella fatica. La fede in Gesù Cristo, nella sua vittoria sulla morte e nel suo infinito amore per noi, ci permette di camminare nel buio, di percorrere passi di vita che non cedano alla fatica e alla disperazione, che si aprano alla speranza. Se torniamo a gustare che ogni momento della nostra vita può aprirsi ad un incontro vitale e sorprendente con il Signore, potremo vivere il tempo presente come «tempo donato» dall’amore di Dio a ciascuno e ciascuna di noi e a noi tutti insieme, tempo in cui vivere relazioni buone con Dio, con gli altri, con il creato, con noi stessi. Tempo di speranza. Tempo di gioia, magari non clamorosa, forse composta e sobria, ma profonda e vera”.
Durante la celebrazione c’è stato il mandato missionario di tre Discepole del Vangelo, inviate ad annunciare il Vangelo in terra di Algeria. “Avremmo dovuto vivere questo momento durante la Veglia missionaria di ottobre, ma anche il quel caso, il Covid ce lo ha impedito. Don Claudio Sartor è già partito ed è da pochi giorni in Paraguay – ha ricordato il Vescovo -. Questo segno che celebriamo può essere colto come il segno che la Chiesa è costitutivamente missionaria, e segna l’impegno che queste nostre sorelle, ma noi tutti ci assumiamo di non chiuderci in noi stessi, di non cedere alla paura, di annunciare che il Vangelo ha una forza sovrabbondante di vita e di speranza. Sorella Pascale, sorella Cristina e sorella Silvia si rendono disponibili nello spirito del beato Charles de Foucauld”.