10 Apr Il messaggio di Pasqua del Vescovo Michele
Carissimi fratelli e sorelle,
Non c’è abisso di umanità più profondo di quello che si schiude sulla Croce di Cristo.
Gesù Cristo non ha risparmiato nulla di sé, ha donato tutto, ha messo in gioco – il vero innocente, l’Agnello senza macchia – persino la sua eterna relazione di Figlio con il Padre suo, tanto da poter far sua, completamente, la preghiera del Salmo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
Così Lui accoglie tutte le miserie, le fatiche, le angosce della terra, tutte. Le accoglie per sempre e tutte in Lui, là sulla Croce, trovano dimora e voce.
Il nostro sguardo rimane tuttora come ipnotizzato dal sortilegio del contagio, che tutto sembra ricomprendere in sé, ora come ora, come se null’altro esistesse sotto il sole. E per quanti lottano per la vita, e per i morti di questo contagio, davvero è là tutto il peso e il grido, dell’esistenza e della morte, la domanda sul senso delle cose e della vita. E anche chi fatica a trovare un senso in quanto ci sta succedendo, perché troppo grande è il peso delle conseguenze della pandemia, sulle relazioni umane che sostanziano il vivere, sulle fonti di sostentamento, sulle normali forme del vivere che vengono rese più difficili, fragili e stentate ha bisogno di trovare una voce, un luogo e un tempo che possano almeno esprimere ciò che, muto, sta soffrendo in questo tempo.
E poi cerca spazio ogni esclusione, ogni ferita, ogni dramma della solitudine e dell’abbandono. Ogni fatica della vita, ogni disuguaglianza che ferisce la dignità della persona, ogni discriminazione, ogni lacrima innocente, ogni violenza subita. Ogni situazione della vita di tanti, di troppi fratelli e sorelle che non si sentono riconosciuti come tali ed accolti, ed amati. Guardando alla Croce vediamo anche loro, con Gesù, innalzati, troviamo davvero ciascuno di loro. Ascoltando il silenzio della Croce ascoltiamo un silenzio che raccoglie ogni loro grido. Il grido del Signore è il loro grido.
E Lui, deposto nel sepolcro, porta là con sé tutto quanto? Davvero finisce tutto così? È questo il destino del mondo, il destino dell’uomo e del suo patire?
La mattina del primo giorno dopo il Sabato, ecco la pietra che bloccava il sepolcro rotolata via. E il sepolcro è vuoto. E di fronte allo sgomento – “Hanno portato via il mio Signore, e non so dove l’hanno posto” (Gv 20, 13) – alla sorpresa e alla paura, ecco l’annuncio – e il delicato rimprovero – dei messaggeri: “Voi non abbiate paura!” (Mt 28,5). E poi, ancora: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (Lc 24,5)
Non c’è abisso di amore più profondo di quello che si è schiuso sulla Croce di Cristo.
Il Vivente non è tra i morti.
Tutto ciò che Gesù, Figlio dell’uomo, Figlio di Dio, ha preso con sé, su di sé sul legno della Croce è ora con Lui, non è rimasto preda del sepolcro e della morte.
Gesù si è donato tutto per amore, ha consumato nell’amore tutto se stesso. Davvero: “E’ compiuto” (Gv19,30). Tutto è giunto al suo compimento, al suo fine, alla sua verità.
Nulla di ciò che Gesù ha vissuto nella sua vicenda terrena è rimasto imprigionato nel sepolcro, nulla del suo corpo, della sua esistenza storica è andato perduto, perché tutto egli ha vissuto nella pienezza definitiva dell’amore che lo lega al Padre.
“Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto” (Mt 28,6). Tutto ciò che egli ha vissuto è risorto con Lui: le sue amicizie, le sue relazioni, i suoi sentimenti, la sua passione per i piccoli e gli esclusi.
E anche tutto ciò che è nostro, tutto ciò che è dei piccoli e dei poveri, tutto il male della storia dell’uomo, ciò a cui noi non riusciamo più a porre rimedio e che ci sembra ormai irrecuperabile, tutto ciò che non è più nelle nostre mani rimane però tra le sue. Nei segni dei chiodi e nella ferita al fianco che Lui permette di toccare a Tommaso, sul suo corpo glorioso. “Mio Signore e mio Dio” (Gv 20,28).
Non c’è abisso di amore e di umanità più profondo e inesauribile di quello che ci dischiude il Risorto che è vivo e presente fra noi.
Il sepolcro vuoto e i racconti delle donne e dei discepoli continuano ad annunciare al mondo che è avvenuto qualcosa di grande, qualcosa che cambia il mondo per sempre, che dà slancio alla vita di chi si lascia provocare dall’annuncio antico e sempre nuovo della Pasqua. Il Signore è veramente Risorto, è presente e opera tra noi. Egli ci trasforma, rende capaci anche noi di agire nel suo amore e di essere segno e strumento di speranza gli uni per gli altri e per tutti. La presenza e la forza del Risorto rendono possibile in questo tempo difficile autentica solidarietà, sostegno ai più deboli, assunzione di responsabilità individuale e collettiva per il bene di tutti. La Chiesa del Risorto diventa una comunità accogliente in cui “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 1).
Il Viandante di luce sulle nostre strade illumina il cammino e Lui, vivente per amore, ci libera dalla paura e dalla solitudine e accende la speranza.
Buona Pasqua di Risurrezione
+Michele,
Vescovo