(materiale tratto dalla relazione della dott.ssa Rosanna Galvani, scritta nel maggio 2001)
Nel corso dei secoli, a partire dal IX secolo, fu la Chiesa principale della Pieve a cui facevano capo le nove cappelle della zona.
Celebre per le sue numerose reliquie tra cui le più importanti furono quelle portate da Roma, su interessamento del Pievano Don Girolamo Lugato nel 1639 e dal Pievano Don Agostino Torresini nel 1669.
La primitiva chiesa fu sovente ristrutturata ed ampliata. Sono documentate le consacrazioni del 15 agosto 1532, 1622, 1693. Le consacrazioni venivano eseguite dopo restauri o lavori di manutenzione di un certo impegno. Da un disegno del 1705, ancora conservato, si può notare che la chiesa era più bassa, ad una sola navata, con il campanile posto a sinistra.
Davanti si trovava il cimitero che serviva tutte le Pievi e che occupava la metà dell’attuale piazzale. Il cimitero fu spostato in seguito all’editto di Saint-Cloud. Il sagrato è attualmente circondato su tre lati da un muro di cinta su cui sono poggiate statue di buona fattura, ma soggette a deterioramento a causa dell’esposizione alle intemperie e all’inquinamento. Le statue rappresentano gli Apostoli San Pietro e San Paolo, le Virtù, i santi Nicolò, Antonio da Padova e Valentino.
L’attuale edificio è in stile settecentesco veneziano a tre navate. Fu ristrutturato entro il 13 ottobre 1726, quando fu riconsacrato da Augusto Zacco, vescovo di Treviso, come risulta da una lapide presente in sacrestia. Tale ristrutturazione ed ampliamento erano dovute all’aumento di popolazione che contava, allora, 1600 abitanti.
Il presbiterio fu ampliato a spese del massaro Zini nel 1796.
La facciata della Chiesa è disadorna tranne per affresco della Madonna Assunta, molto deteriorato, che si ispira, nella iconografia, all’Assunta del Tiziano, nella chiesa dei Frari a Venezia.
Ciò che colpisce, entrando, sono gli affreschi del soffitto della navata centrale e del presbiterio, opera di Giandomenico Tiepolo (1727-1804), figlio del più celebre Giambattista di cui fu, fìn da giovanissimo, fedele collaboratore e di cui, inizialmente, imitò modelli, schemi artistici e cromatici.
Nominato nel 1780 presidente dell’Accademia di pittura di Venezia, quando fu chiamato ad operare a Casale sul Sile, nel 1781, era nel pieno della sua maturità artistica.
La sua opera autografa è documentata dai documenti di pagamento.
Gli affreschi di G. D. Tiepolo del 1781 rappresentano:
La Glorificazione di San Vincenzo Ferrer y Ferreri (Valenza 1350-Vannes 1419). Il santo domenicano, protettore e compatrono di Casale, è qui rappresentato con l’abito bianco e nero dell’ordine domenicano con due enormi ali, come angelo dell’Apocalisse, quale noto predicatore del Giudizio Universale, nell’interpretazione dell’Apocalisse di San Giovanni, in cui mescolava al sermone la battuta di spirito. Con la mano destra regge il Vangelo e con la sinistra la tromba del Giudizio Universale. La sua maestosa figura si staglia in mezzo alle nuvole ed è sorretto da quattro angeli. In basso sì vede un uomo, sopra una bara, che risorge da morte ed un personaggio in preghiera. Infine si scorgono due rondini che si allontanano in volo. E’ un santo di particolare devozione a Casale, compatrono e protettore dei muratori e dei fornaciai, gli operai più numerosi delta zona nel XVIII secolo;
Al centro della decorazione, il Mistero della Assunzione di Maria, con la Vergine dal volto dolce, sereno e giovanile, in candide vesti, simbolo del concepimento verginale, trasportata in cielo da cinque figure angeliche. Il cielo è rappresentato dalle nuvole e dalle teste di sei angioletti. In basso otto personaggi: Apostoli e fedeli in contemplazione del mistero dell’Assunzione;
La Glorificazione di San Ciriaco, diacono e martire (IV secolo), le cui reliquie erano presenti nella Pieve di Casale fin dal 1669. Vari santi, tra cui il patrono di Ancona, portavano tale nome che significa, in greco,”dedicato al Signore”, per cui vi sono vari aneddoti relativi a persone di questo nome, che si sovrappongono nelle iconografie di questo santo. Qui è ricordato per le qualifiche derivantegli dall’aver guarito Artemia, figlia dell’imperatore Diocleziano, con la sua opera di esorcista. E’ rappresentato in atteggiamento estatico, con lo sguardo rivolto al cielo ed in abiti diaconali (camice, funicella e manipolo), sorretto da un angelo; vicino a lui il rituale romano con le preghiere per gli esorcismi ed un drago in fuga, simbolo del diavolo e del potere di Ciriaco di liberare dai demoni, per un carisma dono dello Spirito Santo.
Nella cupola del grande presbiterio, ampliato a spese del massaro Zini nel 1796, si trova il tondo che rappresenta la quarta opera di G. D. Tiepolo, documentata a Casale. Tale opera rappresenta il Mistero della Trinità (1796). E’ un tema caro all’iconografìa cattolica in cui si sono cimentati vari pittori. Qui G. D. Tiepolo dimostra di essersi completamente staccato dagli schemi pittorici e cromatici paterni e dà sfogo alla ricchezza della sua fantasia. Al centro del tondo è raffigurato il Padre con una barba lunghissima, simbolo dell’eterna sua esistenza, sorretto da quattro figure angeliche. Ha elevato le braccia verso l’alto in segno di benedizione e di abbraccio, protese verso il Figlio che emerge sopra le nubi, come sorgendo dalla tomba nella Resurrezione, alla destra del Padre. E’ all’ombra di una grande Croce, simbolo della morte redentrice, ma in cui prevale l’aspetto dinamico della figura del Risorto. Tra Padre e Figlio appare la colomba: lo Spirito Santo, simbolo dell’amore e completamento del dogma della Trinità. L’artista si dimostra qui, oltre che eccellente pittore, fine teologo.
Negli affreschi di G. D. Tiepolo a Casale, ancora poco noti, colpisce l’intensità cromatica tipica di questo pittore, con gli straordinari accenti realistici soprattutto nelle figure principali: Vergine, San Ciriaco, San Vincenzo Ferrer, Padre e Figlio che si caratterizzano sia per l’ampio panneggio delle vesti, sia nella fisiognomica e si stagliano dal resto del contesto pittorico, emergendo sugli altri personaggi e sulle rappresentazioni minori. Notevoli e ben marcate le forme anatomiche del Figlio, segno della maturità dell’artista e delle sue elevate qualità tecniche, pittoriche, cromatiche. Questo insieme di affreschi è un importante esempio dell’arte sacra di fine settecento in cui i sentimenti di pietà e di devozione si esprimevano, secondo la moda del tempo, con una celebrazione sontuosa dei misteri cristiani. Se G. D. Tiepolo è ammirato soprattutto per le sontuose opere realizzate nelle ville, è in questa produzione religiosa che suscita una grande emozione artistica per la sua abilissima esecuzione.
L’altare maggiore con il caratteristico dossale settecentesco, tutto in marmo con mosaici e decorazioni elegantissime, è un’opera di grande importanza. La pala dell’altare maggiore rappresenta il Mistero dell’Assunzione di Maria Santissima in cielo opera firmata da Daniel Ensius e datata 1693.
Daniel Ensius è il nome latinizzato di Daniel Heintz (1652-1710), figlio del pittore Joseph da Augusta, iscritto alla fraglia dei pittori veneziani fin dal 1690. Questo pittore non era stato adeguatamente valorizzato fino ad un recente restauro della pala di Casale. E’ invece sicuramente uno degli autori più interessanti della fine del XVII ° secolo, dato che alcune sue opere sono presenti, tra le altre, a San Pietro di Castello, sede patriarcale di Venezia fino al 1807 con “Gesù Bambino appare a San Lorenzo Giustiniani” (1695) e a San Zaccaria (Venezia) con “il Doge Pietro Lando assiste alla consacrazione della chiesa nel 1543” del XVIII secolo. E’ un pittore che merita particolarmente di essere studiato perché fa parte di quella corrente di continuità di scambi secolari tra la pittura veneziana e la pittura fiamminga, che ha cercato di fondere tecniche, stili e schemi nordici (nel caso di Daniel, appresi dal padre) con quelli tipici della scuola veneziana.
La pala rappresenta la Madonna Assunta in cielo dagli angeli, alla vista degli Apostoli che al di sotto, quasi in estasi, l’ammirano in posizione gloriosa. La scena è carica di colori e di personaggi. Lo schema iconografico è ormai molto lontano dalle passate immagini della “Dormitio Virginis“, ispirandosi all’indimenticabile iconografia tizianesca. Altra opera pittorica di notevole importanza è la pala dell’altare di San Nicolò, eretto dalla scuola dei Burchieri (barcaioli-battellieri) dovuta all’Ingoli, pittore trevigiano. E’ stata realizzata all’inizio dei Seicento, di ottima fattura, rappresenta la Madonna con Gesù Bambino e due angeli a mezz’aria, al centro Sant’Urbano Papa, San Nicolò, San Gottardo. Nella parte inferiore, cui dovrebbe essere dedicato uno studio a parte poiché sembra un’ aggiunta, forse precedente, sicuramente di altra mano, sono rappresentati San Rocco, Sant’Antonio da Padova, Sant’Agata, Sant’Apollonia, Santa Lucia, Sant’Antonio Abate, San Sebastiano, Santa Chiara, è rispecchiata la devozione dei committenti e dei devoti casalesi, in particolare nei riguardi dei santi protettori di attività presenti nella Pieve o invocati a protezione contro le peste e varie malattie.
Sarebbe necessario uno studio approfondito della sacrestia superiore, in cui sono presenti degli schizzi o dei lacerti, tradizionalmente attribuiti a G. D. Tiepolo.
Un discorso a parte ed un particolare approfondimento meriterebbe l’opera scultorea, presente nel secondo altare a destra, con il Crocifìsso di marmo bianco, opera di Giacomo Contiero da Padova, autore poco noto, entrato nella fraglia dei tagliapietre di Padova nel 1689 ed eletto nel 1709 massaro della stessa; con la bella immagine della Veronica e con angioletti e gli strumenti della Croce e le statue dei quattro evangelisti con i loro simboli.
Altro studio interessante sarebbe quello del secondo altare a sinistra, dedicato alla Beata Vergine del Rosario e realizzato nel 1709, in seguito alla devozione per il Rosario, iniziata a Casale dai domenicani fin dal 1587. Le statue della Madonna, di San Domenico e di Santa Rosa da Lima, sono di eccezionale pregevole fattura, come pure le statue delle nicchie, rappresentanti Re Davide, San Giuseppe, San Gioacchino e Sant’Anna. Anche il battistero di pietra del 1560 è pregevole.
Nel presbiterio sono presenti due affreschi del 1839, dovuti a Gerolamo Moech (1792-1857), pittore bellunese, interessante per la sua tecnica, ma soprattutto per avere rappresentato, in uno dei due affreschi, una tematica insolita “Mosè in preghiera sul monte, con la verga di Dio e le mani sollevate mentre Giosuè va in battaglia contro gli Amalechiti” (Esodo 17,8-16).
Uno studio interessante sarebbe quello degli affreschi monocromi, presenti nelle due navate laterali e rappresentanti “l’Annunciazione” e “la fuga in Egitto” e di altri analoghi affreschi monocromi che decorano gli altari laterali, finora non adeguatamente valutati, che sono invece di piacevole aspetto e di notevole valore artistico.
Si ritiene che la presenza di tante opere d’arte importanti per la storia locale casalese, ma anche per la storia dell’arte veneta, meritino una particolare attenzione da parte degli organi competenti affinché un così ricco patrimonio non continui a deteriorarsi.